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Corte d'Appello di Bologna > Pubblico impiego
Data: 17/03/2005
Giudice: benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 259/2005
Parti: Maria B. / Postel Print SpA
PUBBLICO IMPIEGO – ISTITUTO DEI C.D. TEMPI TECNICI – ILLEGITTIMITÀ - RECUPERO CONSEGUENTE INDEBITO.


La controversia trae origine dalla richiesta, da Parte del Provveditorato agli Studi di Forlì ai propri dipendenti, di somme ritenute indebitamente corrisposte sui trattamenti stipendiali degli stessi. L’indebito si era verificato per il periodo 6 febbraio – 19 novembre 1996, nel corso del quale, a causa della presenza di un solo terminale di registrazione meccanica delle presenze in servizio, sito al secondo piano dell’edificio di quattro piani sede del Provveditorato e del conseguente affollamento che rendeva impossibile al personale registrare in tempo la propria scheda magnetica, in sede di contrattazione decentrata, recepita dal Provveditorato, si era raggiunto l’accordo in base al quale i dieci minuti prima dell’ingresso ed i dieci minuti prima dell’orario di uscita erano considerati come tempi tecnici di attesa e, quindi, non recuperabili. Tuttavia successivamente, nel 2000, lo stesso Provveditorato, sollecitato dal Ministero che non condivideva tale accordo, aveva dapprima invitato il personale a recuperare le ore di servizio non prestate per i tempi tecnici e poi aveva disposto il recupero sugli emolumenti spettanti dell’importo corrispondente alle ore di servizio non prestate nel periodo sopraindicato. La Corte di Appello di Bologna, investita della controversia a seguito dell’appello proposto dai dipendenti avverso la sentenza di primo grado che respingeva il loro ricorso contro il recupero delle somme considerate percepite indebitamente, rileva che nel nuovo modello organizzativo dell’orario di lavoro nelle pubbliche amministrazioni delineato dall’art. 22 della legge n. 724/1994 e dalla successiva contrattazione collettiva non vi è più spazio per l’istituto dei tempi tecnici. Il riconoscimento del c.d. tempo tecnico di attesa, consistente sostanzialmente nel considerare quale orario di servizio contrattuale anche il tempo occorrente per accedere e per lasciare la sede di servizio prima e dopo l’effettivo inizio della attività lavorativa è infatti, per il Giudice di Appello, alla luce della citata norma e della successiva evoluzione contrattuale del comparto, incompatibile con gli obbiettivi di efficacia e di efficienza della azione amministrativa e di contenimento e razionalizzazione del costo del lavoro pubblico. L’adozione di questo istituto nel periodo (6 febbraio – 19 novembre 1996), successivo all’entrata in vigore della legge n. 724/1994 e del CCNL 30.5.1995, risulta pertanto ingiustificata ed illegittima ed ha dato luogo al formarsi di un indebito per somme stipendiali corrisposte e non dovute perché riferentesi ad attività lavorativa non prestata, Confermando poi la precedente giurisprudenza amministrativa in materia di indebito oggettivo, la Corte rileva che l’evidente stato di buona fede dei ricorrenti al momento della percezione degli emolumenti non dovuti non li esime dall’obbligo di restituire quanto hanno indebitamente percepito, ma rileva esclusivamente ai fini della decorrenza degli interessi e dell’eventuale maggior danno, essendo pacifico in giurisprudenza che in caso di buona fede gli interessi decorrono solo dalla data della domanda giudiziale e non dalla data della richiesta di restituzione. La buona fede rileva anche nelle modalità del recupero, che deve avvenire senza però compromettere le esigenze di vita dei lavoratori e delle loro famiglie. Il ricorso in appello è stato pertanto respinto in quanto l’amministrazione aveva legittimamente richiesto la restituzione delle somme non dovute, anche perché i dipendenti non avevano né dedotto né eccepito la presenza di condizioni personali e familiari tali da compromettere, con la restituzione dell’indebito, le esigenze di vita proprie e della loro famiglia